Politiche agricole ed accesso alle terre

Accesso alle terre nei sistemi pastorali italiani: situazione, problematiche e soluzioni percorribili

 

Caratteristiche di un sistema pastorale

Un sistema pastorale si definisce come una complessa struttura che emerge dall’interazione di attività finalizzate all’allevamento di bestiame e risorse naturali, nella quale una comunità di allevatori condivide indirizzi produttivi, tradizioni e valori culturali.

In un sistema pastorale l’allevamento è principalmente basato sul pascolamento, che spesso rappresenta la migliore forma di utilizzo delle aree marginali (come le LFAs europee) di particolari regioni biogeografiche dove gli stessi sistemi sono presenti.

Un sistema di allevamento viene definito come agro-pastorale quando prevede, per almeno una parte dell’anno, l’utilizzo di foraggere avvicendate; agro-pastorale estensivo ed intensivo se, rispettivamente, è basato principalmente sull’utilizzo di praterie permanenti o su quello di foraggere avvicendate (prati, pascoli ed erbai).

Un sistema pastorale o agro-pastorale include la presenza di un gradiente di intensificazione anche all’interno di un particolare sistema, comprendendo anche condizioni di sovra-pascolamento. Pertanto, non implica necessariamente una condizione di pascolamento estensivo e l’abbandono può essere considerato l’estrema forma di estensivizzazione.

 

Accesso alle terre nei sistemi agro-pastorali

Nella gran parte dei sistemi pastorali la stagione di pascolamento è condizionata da vincoli ambientali (stagione fredda, stagione secca), ma è anche differenziata per diversi tipi di vegetazione e pascoli (tipi di vegetazione di pianura o di montagna). Questo aspetto può determinare la presenza di un gradiente di mobilità (dalle forme di pastorizia sedentaria a quelle transumanti o nomadi) e di diverse condizioni di accesso ai diritti di pascolo (dai regimi privati a quelli pubblici o di proprietà collettiva soggette o meno a diritto civico di pascolo da parte di aventi diritto). Frequentemente, gli animali allevati si spostano in diverse unità e aree di pascolo durante l’anno, prevedendo l’integrazione di colture diverse per l’alimentazione del bestiame, da unità puramente pastorali a unità propriamente agricole pascolate o utilizzate per la produzione di scorte foraggere (soprattutto nei sistemi semi-bradi).

A seconda del contesto, soggetti e/o enti diversi regolano l’accesso alle unità pastorali; oltre ai privati, condizioni particolari sono quelle delle proprietà demaniali, direttamente amministrate dallo Stato o da altri enti (es. un tempo dalle Comunità Montane, attualmente dalle Unioni dei Comuni Montani); nel caso delle proprietà collettive o, in generale, delle terre soggette a diritto di collettivo godimento, sono gli enti collettivi (es. università agrarie, comunanze agrarie, amministrazioni separate di beni di uso civico-ASBUC) o i comuni a regolare l’utilizzo dei pascoli garantendo la priorità degli aventi diritto e, nel contempo, azioni di controllo attraverso azioni di polizia rurale, in collaborazione con gli organi di altro livello (es. carabinieri forestale, polizia provinciale).

Norme e regolamenti attivi a diverso livello e con differenziazioni locali regolano l’accesso alle terre pascolive. Queste norme definiscono diversi aspetti fondamentali dell’esercizio dei sistemi pastorali, tra i quali, ad esempio, i calendari di pascolamento, i carichi attuabili, la custodia e le modalità di conduzione degli animali al pascolo, la gestione delle aree per il ricovero notturno (stazzi) e la mandratura, la gestione della vegetazione e delle sue naturali dinamiche. Nel caso delle aree protette (es. parchi nazionali, parchi e riserve statali e regionali, aree natura 2000), queste stesse norme possono essere influenzate dal relativo assetto istituzionale e normativo che spesso prevede l’adozione di strumenti di tutela della vegetazione, della fauna o di habitat che possono condizionare il normale svolgimento delle attività pastorali.

Problematiche ed alcune soluzioni praticabili per migliorare l’accesso alle terre nei sistemi pastorali

A seconda del contesto, diverse sono le problematiche relative all’accesso alle terre necessarie all’esercizio dei sistemi pastorali. In diverse aree del paese, queste problematiche si riferiscono, ad esempio, all’applicazione di rigidi calendari di pascolamento per l’utilizzo delle praterie montane previsti dalle ‘Prescrizioni di Massima e di Polizia Forestale’ ed applicate a livello regionale o provinciale. I carichi molto elevati di inizio ‘900 avevano indotto all’introduzione di rigide regolamentazioni delle attività di pascolamento per la prevenzione del rischio idrogeologico (RDL 3267/1923). Molte delle praterie di alta quota, inoltre, erano interessate dal taglio per la produzione di fieno ed il loro pascolamento ritardato trovava una certa giustificazione. Oggi molte superfici a prateria permanente sono inutilizzate o sotto-caricate e l’imposizione di limiti così restrittivi appare inadeguata; o quanto meno, risulta necessario verificare la possibilità di concedere più permissive autorizzazioni per promuovere una più efficace utilizzazione di praterie oggi sotto-caricate o abbandonate in tutto il territorio montano.

Altre problematiche, con riflessi sulle condizioni di accesso alle terre pascolive, sono relative all’applicazione di limiti di carico sulle praterie da parte di diversi strumenti di pianificazione o previste dagli strumenti di sostegno allo sviluppo rurale. Questi limiti non sembrano tener conto né del tipo di vegetazione e quindi della loro potenzialità produttiva e della relativa capacità portante, né del comportamento alimentare del bestiame pascolante e della tecnica di pascolamento applicata, sui quali invece dovrebbe basarsi una auspicabile programmazione delle attività pastorali. Queste condizioni determinano in alcuni territori montani una anomala distribuzione dei carichi con riflessi negativi determinati da condizioni di sovra- o sotto-carico sulla flora e la vegetazione di alta quota.

Ulteriori problematiche riguardano l’inacessibilità per esclusione di vaste aree di pascolamento tradizionalmente utilizzate dalle aziende pastorali e funzionali al loro esercizio attuate in alcune aree protette (es. Parco Nazionale dei Monti Sibillini), in attuazione di misure di protezione della fauna (nel caso citato, tra tutti, del camoscio) o di habitat (sia di alta che di bassa quota). In questo ambito, come in altri, l’attuazione di Accordi, come quelli Agro-Ambientali adottati nell’ambito del PSR regione Marche per la conservazione degli habitat di prateria nei siti Natura 2000, potrebbe consentire la definizione di misure di gestione sito-specifiche, condivise (quindi con un elevato livello di accettazione) e con effetti positivi per la gestione di problematiche a valenza territoriale (es. conservazione della biodiversità vegetale e della fauna, prevenzione dell’erosione del suolo).

In misura indiretta, alcune misure di sviluppo rurale, in combinazione con altre legate alla protezione della vegetazione, hanno condizionato l’accesso alle terre pascolive, soprattutto di quelle collettive e, in generale, di quelle soggette al diritto di collettivo godimento. E’ il caso della riduzione della potenzialità di superfici pastorali avvenuto per l’impossibilità normativa di regolare i processi dinamici della vegetazione (es. arbusteti), sia per il problematico accesso ai fondi previsti allo scopo da parte di aziende ed enti interessati (es. comuni), sia per la protezione di specie arbustive di invasione protrattasi per decenni (es. ginepro comune) o della vegetazione boschiva, entro e al di fuori dei territori delle aree protette. Oltre ad azioni mirate alla semplificazione procedurale e normativa, l’approccio previsto nell’attuazione dei citati Accordi Agro-Ambientali o nelle azioni delle Associazioni fondiarie (es. recentemente costituite in regione Piemonte) offre i presupposti per la risoluzione di molte delle problematiche di accesso alle terre.

Più recentemente, in diverse aree del paese nuovi fattori hanno ulteriormente determinato problematiche di accesso alle terre pascolive, con potenziali gravi conseguenze sulla stabilità dei sistemi pastorali e di conflittualità tra gli allevatori e gli altri attori del sistema. Si tratta della problematica speculazione che ha portato società appositamente costituite ad affittare estese terre a pascolo, in maniera diffusa sia nel territorio alpino che appenninico, per la percezione di contributi legati alla detenzione di cospicue quote PAC. La grande disponibilità di liquidità ha consentito a queste società di vincere agevolmente la concorrenza di pastori locali che, nella maggior parte dei casi, avevano affittato quelle stesse proprietà per decenni. In una prima fase, non disponendo di un idoneo numero di capi per assicurare il pascolamento delle terre affittate, normalmente queste società hanno concesso la possibilità di continuare ad utilizzare gli stessi pascoli agli abituali utilizzatori o a nuovi avventori in cambio, in genere, della corresponsione di più modiche somme di denaro rispetto a quelle pagate ai proprietari/amministratori, e sicuramente in cambio dell’impegno a pascolare la superficie a pascolo in oggetto (fida pascolo). In una seconda fase, in risposta all’esigenza di dimostrare la proprietà degli animali utilizzati per il pascolamento delle terre affittate, le stesse società hanno acquisito intere aziende, acquistato grandi numeri di animali o sottoscritto contratti di soccida con le aziende pastorali per conservare i diritti acquisiti. Questo sistema, che a partire dal 2020 sarà sospeso, ha però nel frattempo privato molti pastori delle tradizionali terre a pascolo; in altri casi, ha snaturato ed avvilito il ruolo del pastore che si è visto esautorato della sua autonoma capacità imprenditoriale e ridotto a mero esecutore del volere di altri, se non addirittura sotto ricatto. Per di più, oltre ad aver innescato conflittualità tra i vari attori del sistema (es. tra pastori, tra pastori e proprietari/amministratori dei beni), ha impedito alle aziende pastorali impegnate nella fida pascolo di richiedere i finanziamenti previsti dagli strumenti di sostegno allo sviluppo rurale per l’utilizzo delle superfici montane. Se da una parte, questo meccanismo ha aperto una serie di interrogativi sulla sua legittimità (numerose sono state le azioni legali intraprese da vari soggetti nel corso degli anni), dall’altra impone oggi, almeno, (i) la necessità di controllare che le stesse somme di denaro, dove richiesto, siano state utilizzate dagli enti proprietari/amministratori per il miglioramento ed il rafforzamento del sistema pastorale in una prospettiva di lungo termine; (ii) l’attuazione di iniziative di tutela per le aziende pastorali locali e per gli aventi diritto da parte degli enti preposti (sia enti collettivi che comuni), nell’assicurare la loro priorità di utilizzo e il soddisfacimento delle esigenze di gestione aziendale (es. foraggio, accessibilità a pascoli e a finanziamenti specifici, mobilità).

Alle problematiche più proprie dei territori montani e alto collinari, si aggiungono quelle relative all’esercizio delle attività pastorali svolte nelle aree di bassa quota, principalmente dalle aziende transumanti che adottano pascolo vagante. In questi ambiti, si segnalano crescenti difficoltà nel reperimento di terre per il pascolamento invernale e nella mobilità degli animali conseguenti alla forte urbanizzazione e alle mutate condizioni socio-economiche e culturali nelle aree tradizionalmente utilizzate dai pastori. A queste, si aggiungono problematiche di mobilità dovute all’impedimento da parte delle autorità competenti nella percorrenza delle greggi lungo gli argini dei canali, lungo le sponde dei fiumi e lungo le strade provinciali. Tra i principali interventi volti al miglioramento delle condizioni: (i) di accesso alle terre, si auspicano azioni di concertazione promosse e partecipate da enti pubblici o privati per la pianificazione dell’utilizzo di aree pascolive (es. accordi d’area); (ii) di mobilità delle aziende, oltre a più permissive concessioni da parte delle autorità competenti, si auspicano azioni volte alla individuazione e realizzazione di corridoi utilizzabili dalle aziende per gli spostamenti entro le aree di pascolamento, sia a breve che a lunga distanza, anche mediante il ripristino delle antiche vie utilizzate allo scopo.