Report Archeofest – V Edizione del festival di archeologia sperimentale

V edizione del festival di archeologia sperimentale, organizzato da Associazione Culturale Paleoes – eXperimentalTech ArcheoDrome in collaborazione con il Museo delle Civiltà L. Pigorini, il Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia e l’Istituto Centrale per la Demoetnoantropologia. Roma 28 aprile e 4 – 6 maggio 2018.

Si è appena conclusa la V Edizione del festival di archeologia sperimentale, organizzato da Associazione Culturale Paleoes – eXperimental Tech Archeo Drome in collaborazione con il Museo delle Civiltà Preistorico Etnografico L. Pigorini, il Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia e l’Istituto Centrale per la Demoetnoantropologia.

Il festival si è svolto a Roma, il 28 aprile a Villa Giulia con un pre-evento dal titolo: Aspettando l’Archeofest e dal 4 al 6 maggio al Museo delle Civiltà, con la manifestazione aperta al pubblico, che ha visto il coinvolgimento degli sperimentatori. Nell’ambito di questa manifestazione, nelle giornate del 4 e 5 maggio presso il Museo delle Civiltà si è tenuto il convegno dal titolo: Transumanza. Popoli, vie e culture del pascolo, dedicato alla la transumanza
e alla cultura pastorale dalla preistoria ai nostri giorni, a cura tra gli altri di Fabrizio Frascaroli dell’Associazione Rete Appia Pastorizia, che ha partecipato anche con un proprio contributo insieme a Nunzio Marcelli, anche lui tra i fondatori dell’Associazione.

Il pastoralismo transumante è in effetti una perfetta risposta adattativa dell’uomo alle particolari condizioni ambientali ed ecologiche. In funzione di questi fattori si è evoluta l’interazione con il territorio e conseguentemente le strategie produttive della tradizione, che hanno originato forme e modalità differenti di pascolo vagante (Carrer). Tra tutte la transumanza storica, epica: la transumanza che dai pascoli invernali delle grandi pianure costiere muove ogni stagione migliaia di capi verso i freschi pascoli estivi delle montagne attraverso grandi vie d’erba (Frascaroli), ovvero itinerari codificati attraverso i millenni, che hanno segnato le linee di comunicazione della civiltà.
Il fenomeno della transumanza è oggi al centro dell’interesse della comunità scientifica, grazie anche alla recente candidatura presentata presso il Consiglio Europeo per riconoscere a questa pratica il giusto valore di patrimonio culturale ed etnografico che merita.
Il convegno mette a fuoco alcuni aspetti etnografici della pastorizia e del pastoralismo transumante, grazie al contributo degli antropologi, che sottolineano come pratiche economiche locali, spesso presenti in forma residuale sono legate al territorio e allo sfruttamento delle risorse che la natura offre. Da alcune delle esperienze di studio riportate (Rizzo) emerge come, laddove non sono mai state interrotte le pratiche economiche locali, originarie e fondative della comunità rurale, è stata assicurata la continuità identitaria e la sopravvivenza della comunità stessa, nonostante le calamità naturali o lo spopolamento progressivo. Questa etnografia offre uno spunto illuminante per qualsiasi progetto volto a individuare una strategia per il ritorno verso i territori e le attività liminari. L’obiettivo preliminare da porsi è dunque il rinnovamento
delle leve culturali del territorio, perseguibile attraverso la riattivazione degli aspetti funzionali propri di uno specifico territorio. In questo senso anche le candidature UNESCO (Ventura) possono offrire ricadute interessanti dal punto di vista economico, in primo luogo come opportunità per il turismo culturale, dolce e sostenibile, che contribuisce al riscatto economico delle aree più liminari, ordinariamente escluse dall’offerta turistica. Naturalmente al centro dell’operazione deve esistere una comunità di riferimento su cui e per cui la
candidatura viene modulata, ovvero i pastori.

Certo è che la comunità dei pastori è in sofferenza, a causa in parte del mancato riconoscimento istituzionale della specifica tipologia dell’allevamento estensivo e transumante, a cui pertengono esigenze profondamente diverse da quelle dell’allevamento stabulare o intensivo, ma che, diversamente da questi, sviluppa con il territorio e i contesti locali una interazione profonda e di lunga durata. Il sostegno alla pastorizia (Marcelli) è oggi offerto esclusivamente in termini di contributi in denaro, erogati quantitativamente in funzione della natura giuridica dell’azienda e del numero di capi, senza particolare attenzione a tutti quegli aspetti che invece formano il carattere peculiare distintivo e identitario di una pratica che è in primis un bene della tradizione etnografica e un valore culturale di ampio respiro.

Simona Messina

8 maggio 2018

 

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