Caro Sapiens, c’è una pastorizia che non divora…

Caro Sapiens, c’è una pastorizia che non divora…

Seguiamo con interesse la vostra trasmissione Sapiens e siamo rimasti particolarmente delusi dalla superficialità e la leggerezza con cui avete presentato il mondo degli allevamenti nella puntata sabato 28 marzo 2020 su “I divoratori del pianeta”.

Siamo soci e membri, come individui ed associazioni, della Rete della Pastorizia Italiana APPIA, che ha sede nel Parco Appia di cui lei é peraltro Presidente. Come sicuramente saprete esistono forme molto diverse di allevamento; ve ne sono di tipo industriale e di tipo estensivo. Alle prime si riferivano le immagini dei bovini e dei suini dei sistemi industriali presentati nella puntata. Vi sono, però, anche forme di tipo più estensivo e rispettose delle risorse, animali ed ambientali, come quelle dei suini allo stato brado, intraviste sempre nella puntata.
Con un riferimento generico e improprio agli allevamenti riteniamo che il messaggio passato nella puntata del vostro programma sia stato profondamente superficiale e sbagliato.

Quelle equiparate sono forme di produzione e allevamento agli antipodi; non solo perché gli animali hanno cicli di vita e criteri gestionali diversi, ma anche perché danno vita ad aziende agricole strutturalmente diverse ed i prodotti che ne derivano hanno caratteristiche altrettanto diverse, anche da un punto di vista nutrizionale e di salute dei cosumatori. Per non parlare delle grandi differenze nell’impatto che hanno sull’ambiente e sul territorio


Riteniamo poi estremamente riduttivo (e impreciso) affrontare il tema della produzione e consumo di alimenti di origine animale solamente in riferimento all’impatto sui cambiamenti climatici, come mera emissione di gas serra, senza considerare il ruolo importante che attività di allevamento come la pastorizia hanno per la fornitura di una gamma particolarmente ampia e scientificamente riconosciuta di servizi eco-sistemici. Questi vanno addirittura nella direzione della “mitigazione” degli stessi cambiamenti climatici.

Si rende necessario pertanto, a nostro avviso, un opportuno distinguo tra le diverse forme di allevamento e di pastorizia. Recenti approcci metodologici stanno dimostrando che l’allevamento animale di tipo estensivo, transumante/vagante e comunque non improntato a logiche di massimizzazione della produzione, ha un più basso impatto in termini di emissioni rispetto alle forme di allevamento intensivo/industriale oltre che un maggior rispetto del benessere e della qualità di vita degli animali allevati.

Lo stesso vale per le aziende di piccola scala che integrano in chiave agro ecologica l’allevamento con le coltivazioni foraggere ed alimentari.

Questi principi sono alla base della pastorizia, che si sostiene sulla salute dell’ecosistema che la circonda. In tal senso la pastorizia rispetta e si adatta ai territori, salvaguardando paesaggio e biodiversità, oltre ad assicurare attività che evitano lo spopolamento, l’abbandono dei territori, il degrado ed i connessi rischi idro-geologici. La “scienza” ci insegna che dove scompare la pastorizia si riduce velocemente anche la biodiversità, animale e vegetale, ed aumentano i rischi di disastri ambientali (incendi, frane, valanghe e inondazioni). Per non parlare poi del ruolo di sequestro di carbonio atmosferico che proprio negli ambienti silvo-pastorali è un’altra opportunità che ci assicurano questi allevamenti.

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I pastori sono sentinelle attive e guardiani del territorio, che contribuiscono a mantenere vivo e attivo. Non a caso in Italia come in Europa e nel resto del Mondo i pastori mantengono alcuni habitat importanti che oggi sono tutelati grazie all’istituzione di aree protette, ma che per secoli si sono mantenute anche grazie alle attività pastorali. Come ad esempio le aree appartenenti alla rete Natura2000, istituita con la direttiva Habitat, nelle quali i pastori spesso sono presenti, interagendo con effetti favorevoli nei diversi ambienti.
Esistono altre forme di allevamento, intensivo ed industriale, che presentano altre forme di impatto sull’ambiente e sulla società, analogamente alle forme più impattanti di colture vegetali intensive.
Senza questa distinzione tra forme di allevamento che rispettano gli animali e l’ambiente – e quindi anche i consumatori – e quelle che puntano meramente alla massimizzazione del proprio profitto, trasformando gli animali in fragili creature totalmente dipendenti da un ambiente artificiale, una trasmissione di grande impatto sul pubblico come Sapiens, non favorisce un buon servizio alla società. Contribuisce piuttosto a creare gravi problemi mediatici nei confronti del mondo della pastorizia – che già sconta difficoltà nel relazionarsi con le politiche agricole, con gli speculatori delle quote PAC, i predatori, ma anche per la modesta o precaria conoscenza di una cultura ed una societá sempre piú urbanizzate, e sempre meno realmente empatiche con chi vive ed opera nel nostro mondo rurale.

Un mondo senza pastori è un mondo peggiore, che perde la capacitá di interagire in forma sostenibile col mondo animale. Vi proponiamo, come attivisti della rete Appia di realizzare un’altra puntata per presentare – documentandole – le modalità con cui gli allevamenti diversi da quelli industriali si integrano e si adattano agli ecosistemi in modo sostenibile proteggendo la salute degli animali e quella dell’ambiente.

E siamo pronti a darvi la nostra collaborazione al riguardo.

Saluti e grazie per l’attenzione

 

Per info e contatti:

Rete Appia

c/o Parco regionale dell’Appia Antica

Via Appia Antica, 42, 00178 Roma RM

Antonello Franca, 366 678 3540 –  328 568 6740

appia.pastori@gmail.com

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